Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Sperimentale e forense

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Metodologia

Le analisi identificative genetico forensi sono condotte analizzando DNA estratto da differenti campioni biologici (sangue, saliva, sperma, ossa, formazioni pilifere, tessuti bioptici inclusi in paraffina etc.) caratterizzando uno specifico set di 10-17 marcatori genetici polimorfici denominati STRs (short tandem repeats) su cromosomi definiti autosomi. La contestuale caratterizzazione di tale set di polimorfismi consente la definizione di uno specifico profilo genetico, peculiare di ogni singolo soggetto e virtualmente unico, all’interno della popolazione di riferimento.
L’analisi del DNA a fini forensi è fondamentalmente un accertamento comparativo fra profili genetici (per esempio il profilo della traccia biologica rinvenuta sul luogo del reato è confrontato con il profilo dell’indagato). I possibili esiti di tale comparazione sono due: nel caso in cui i profili genetici siano differenti (incompatibilità) si potrà affermare con certezza che la traccia biologica non è stata originata da quel determinato soggetto mentre, in caso di perfetta sovrapponibilità dei profili genetici (compatibilità), si fornirà una valutazione statistica di tale risultato calcolando la probabilità di rinvenire nella popolazione un altro soggetto che casualmente possa presentare il medesimo profilo (probabilità di condivisione casuale o match probability). Tale valore è mediamente superiore a 1x1012 (1 su 1000 miliardi), dato fortemente indicativo dell’unicità del profilo e, conseguentemente, alla pressoché certa identificazione di ogni singolo soggetto.

Ulteriori indagini possono essere condotte caratterizzando i polimorfismi del DNA del cromosoma Y e quelli del DNA mitocondriale, marcatori particolarmente utili nel caso di ricostruzione di rapporti parentali, rispettivamente per linea paterna e per linea materna. La particolare modalità di trasmissione di tali marcatori consente, infatti, di comparare i dati genetici (aplotipi) di un soggetto da identificare con quelli di un qualsiasi parente, anche di lontano grado, pur correlato in linea paterna (per quanto riguarda i marcatori del cromosoma Y umano) e materna (per il DNA mitocondriale). È, quindi, possibile giungere all’identificazione di un soggetto anche in assenza di suoi campioni di comparazione diretta o di parenti di primo grado (genitori, fratelli, figli). È il caso, per esempio, dell’identificazione di resti scheletrici compiuta attraverso la comparazione degli aplotipi Y o del DNA mitocondriale di ascendenti, discendenti o collaterali di un dato soggetto scomparso.
È, inoltre, possibile caratterizzare altri polimorfismi del DNA definiti SNPs (single nucleotide polymorphisms) del cromosoma Y al fine di acquisire indicazioni circa il gruppo etnico di appartenenza di un soggetto ignoto che ha lasciato una traccia biologica. Tali marcatori sono, inoltre, utili per ricerche di tipo genealogico, al fine di individuare, per esempio, relazioni genetiche fra soggetti di sesso maschile date da un comune progenitore risalente a molto tempo addietro. Allo stesso modo, è possibile caratterizzare i marcatori della regione codificante del DNA mitocondriale con le medesime finalità descritte per i polimorfismi SNPs del cromosoma Y ma in relazione a soggetti correlati in linea materna, in questo caso di entrambi i sessi.

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